07 Mag Welfare spettacolo: criterio reddituale, necessario uovo di Colombo per attrici e attori
Il 30 aprile il MIC ha tenuto audizioni con oggetto il Decreto legislativo in materia di welfare nel settore dello spettacolo. A seguito di queste, l’APS RAAI ha inviato al Capo di Gabinetto Prof. Lorenzo Casini un documento di osservazioni riguardanti il testo di consultazione ricevuto. Il documento sottolinea, in particolare, la necessità di adottare sempre, per l’accesso alle misure di sostegno e agli ammortizzatori di base, a fianco e come alternativa al criterio contributivo, anche il criterio reddituale.
La motivazione è semplice ed evidente: nello spettacolo, e ancor più nella professione di attrici e attori professionisti, quello del numero di contributi giornalieri è un parametro del tutto inefficace. Le paghe infatti oscillano enormemente a seconda del settore di attività (teatro, cinema, televisione, pubblicità, radio, doppiaggio…) e naturalmente del peso contrattuale del singolo lavoratore. Il contributo e il flusso fiscale che si generano in una giornata, in un caso, possono equivalere a quelli generati da 40 giornate, in un altro caso: il numero di giornate, dunque, non è un indicatore significativo, perché non ha alcuna proporzione diretta con il reddito percepito e con il flusso contributivo e fiscale generato.
Il criterio contributivo, senza la previsione dell’alternativa reddituale, è la causa della storica quasi impossibilità per gli attori di accedere alle tutele sociali. Chi conosce il lavoro, infatti, sa perfettamente che tutta la troupe è necessaria sul set tutti i giorni, mentre l’attore no, neanche il protagonista. In un film medio, ogni membro della troupe matura indicativamente 40 giornate più la preparazione e la chiusura. Un attore, se è il protagonista ne matura 25, 20 o 15, se ha un ruolo di rilievo ne matura dalle 10 alle 4 o 5, tutti gli altri maturano per il proprio ruolo 2 o 1 sola giornata. E tutte le giornate di preparazione (studio della memoria, prove trucco e costumi, prove con il regista, giorni di viaggio), di disponibilità (anche fuori sede…) e di chiusura (doppiaggio e promozione) all’interprete non vengono riconosciuti né come giorni di paga né come giorni contributivi…
Malgrado tutto ciò, fino ad oggi, incredibilmente… agli attori è stato sempre richiesto per accedere a disoccupazione, maternità, pensione, ecc. lo stesso numero di giornate versate richiesto agli altri lavoratori, quindi un numero praticamente irraggiungibile per la quasi totalità di attrici e attori. E la ragione di questo risulta, permetteteci, davvero incomprensibile.
Il Decreto a cui il Governo sta lavorando non ha ancora recepito questa impostazione – la cui necessità abbiamo ribadito nelle nostre audizioni e documenti – per nessuna misura salvo che per la maturazione dell’anno pensionistico. Oltre a introdurre, finalmente, il concetto di un moltiplicatore per le giornate di attrici e attori in audiovisivo. Il livello di reddito individuato richiesto per l’anno pensionistico appare però ancora distante dalla realtà della professione di oggi e così quantificato rischia di essere raggiungibile solo da una fascia troppo ridotta di professionisti. Mentre dal punto di vista delle giornate contributive richieste, è facile comprendere – alla luce di quanto sopra descritto riguardo alla prassi lavorativa – che un moltiplicatore “per 2”, malgrado l’abbassamento della quota richiesta dalle precedenti 120 (!) giornate annue a 90, risulti sufficiente – forse – a permettere di maturare l’anno pensionistico a chi di norma fa il protagonista… Tutti gli altri interpreti professionisti continueranno comunque a rimanere esclusi.
Se vuoi leggere l’intero documento di rilievi inviato dall’APS RAAI al MIC, lo trovi qui, nella sezione Documenti del portale RAAI – Registro Attrici Attori Italiani.