11 Nov Indennità di discontinuità, decreto da riscrivere. Per gli attori necessario moltiplicatore x2 a giornate in teatro e x4 in audiovisivo
Pubblicato alle 22:51h
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Il 7 novembre scorso, in audizione alla Camera in merito alla bozza di decreto per l’inserimento dell’Indennità di Discontinuità per i lavoratori dello spettacolo, abbiamo spiegato che con 60 giornate la misura taglia fuori completamente attrici e attori, già tagliati fuori dai requisiti, anche quelli richiesti genericamente ai lavoratori dello spettacolo, per genitorialità, disoccupazione, malattia, pensione. Reddito sotto i 25.000 euro l’anno con almeno 60 giornate: per un attore di audiovisivo i due requisiti non possono convivere. Un attore che fa 60 giornate in un anno ha fatto una lunghissima serie o 3 film da protagonista e ha superato il tetto di reddito. Ma tutti gli altri, cioè quelli per cui la misura si rende necessaria? E anche in teatro 60 giornate è un numero quasi impossibile da raggiungere, allo stato attuale del sistema produttivo e distributivo teatrale.
Da tre anni e mezzo, continuiamo a ripetere in ogni occasione a Istituzioni e sindacati, che attrici e attori non possono essere valutati con gli stessi parametri richiesti agli altri lavoratori dello spettacolo, perché hanno dinamiche professionali completamente diverse e non potranno mai produrre gli stessi numeri di giornate lavorative degli altri. Anche perché non ci vengono riconosciute come lavorative tutte le giornate di prove, preparazione, studio, disponibilità non retribuita di settimane e mesi anche fuori sede, doppiaggio del nostro ruolo e promozione. Abbiamo esposto che, per non escluderci, la soluzione non è abbassare le giornate di tutti ampliando la platea alla ricerca di un formula unica (che non può esistere), ma è necessario e sufficiente prevedere un moltiplicatore x2 al codice Inps 021 (attore teatro) e x4 al codice 022 (attore audiovisivo). E per evitare che 30 o 15 giornate in un anno non corrispondano ai versamenti necessari, è sufficiente affiancare al requisito delle giornate anche il requisito retributivo come soglia di accesso alla misura (e non solo come tetto oltre il quale si è esclusi).
Aldilà dello specifico degli attori, l’attuale formula prevista dalla bozza di decreto, che prevede un contributo una tantum, non corrisponde alla ratio della misura introdotta dalla Legge delega 106/2022 né alla formula francese cui è ispirata e va quindi a nostro giudizio ripensata radicalmente. Ciò che appare anche paradossale è che una misura che dovrebbe rappresentare una nuova e maggior tutela per i lavoratori sia invece alternativa ed offra un contributo minore delle altre misure già esistenti, come l’Alas e la Naspi, rappresentando in sostanza una diminuzione di tutela per i lavoratori.
Qui il link all’intervento completo